lunedì 6 giugno 2016

Atleti paralimpici: il caso Rehm.


   Non sono assolutamente esperto in materia, non sono un biomeccanico nè un ingegnere, ma a volte leggo cose che mi incuriosiscono e magari sono occasioni per studiare qualcosa che può tornarmi utile.
   Markus Rehm è un lunghista mono-amputato, lo scorso anno saltò la bellezza di 8.40, record mondiale paralimpico e quest'anno è sorta la questione se possa partecipare alle olimpiadi "diversamente paralimpiche" (eh, perchè non si sa come chiamarle... se le chiami "ufficiali" o "normali" i paratleti potrebbero offendersi):

http://paralimpici.gazzetta.it/2016/05/30/rio-100rehm-e-gli-altri-oltre-pistorius/?refresh_ce-cp

   Paolo Taboga, la cui opinione è citata nell'articolo, oltre ad essere un ex atleta, biomeccanico ricercatore di alto livello ed esperto in materia di protesi, ha anche un'altra eccezionale qualità: è mio amico (ahahah!) e così abbiamo avuto sull'argomento uno scambio di mail che riassumo un po':

Corsaro:
"uhmmm... se fa i 100 in 11.7 e salta 8.40 certamente la protesi lo favorisce, io non lo farei partecipare"

Paolo:
"finora non è stato provato alcun favore: la protesi lo favorisce nel senso di una minore decelerazione orizzontale, anche allo stacco, ma lo sfavorisce nell'accelerazione e nella velocità massima, ci ho pubblicato uno studio non da poco su questo"

https://www.researchgate.net/profile/Paolo_Taboga/publication/259352071_Optimal_Starting_Block_Configuration_in_Sprint_Running_A_Comparison_of_Biological_and_Prosthetic_Legs/links/54106d2d0cf2d8daaad3cdf1.pdf

Corsaro:
"ok, ho detto na cazzata"

Paolo:
"no! nessuna cazzata, è che FINORA non ci sono evidenze nel senso di un aiuto fornito dalla protesi"

Corsaro:
"ma se le protesi danneggiano nello start&drive e poi favoriscono il mantenimento della velocità orizzontale, può darsi che in distanze maggiori dei 100m l'aiuto si palesi"

Paolo:
"su Pistorius non rilevarono alcun aiuto... per la corsa di lunga durata, se aspetti un paio di mesi vedrai un articolo in cui abbiamo misurato l’economia di corsa in atleti bi-amputati"

   Paolo è un ricercatore e giustamente vuole vedere i numeri e, almeno ufficialmente, astrarre da considerazioni morali-umanitarie... ma, in attesa del suo nuovo studio, spero che capisca che noi in un blog possiamo anche estrapolare in opinioni e ipotesi più o meno campate in aria. A me ad esempio insospettisce il fatto che tutti i saltatori mono-amputati stacchino proprio con la gamba amputata.

   E poi, al di là delle considerazioni meccaniche riguardanti il gesto immediato, ci sono quelle di lungo periodo: una protesi diminuisce la massa corporea, non si stanca, non va in acidosi, non va rifornita di ossigeno, non va ripulita dai metaboliti cattivi, se si "infortuna" la cambi quando ti pare, ecc. ecc.

   E poi, abbiamo istituito le paralimpiadi... è comprensibile che, dal punto di vista mediatico ed economico, se un atleta paralimpico raggiunge le prestazioni di quelli diversamente paralimpici poi voglia partecipare alle olimpiadi diversamente paralimpiche... però scusate, a me non piacciono i due pesi e due misure... se così dev'essere, ovvero se gli atleti paralimpici accettano il "darwinismo atletico", lo devono accettare sempre, quindi dovremmo cancellare le paralimpiadi e accettare normalmente gli atleti paralimpici nelle olimpiadi diversamente paralimpiche solo se fanno il minimo. Se non lo fanno, rimangano nell'oscurità come tutti gli altri.

   Per cui, secondo me:
- o tutti i paralimpici partecipano solo alle olimpiadi paralimpiche, qualunque prestazione facciano
- o anche loro vanno solo alle olimpiadi diversamente paralimpiche se fanno il minimo, sempre che non vengano provati favori conseguenti al fatto di usare le protesi.

   Altrimenti si corre il rischio che una dittatura del pensiero politicamente corretto, per favorire le minoranze "diverse", danneggi le maggioranze "diversamente diverse".






20 commenti:

  1. Sono d'accordo. I tuoi criteri ricomprendono anche il caso di quel sci di fondista fortemente ipovedente che fece paraolimpiadi e olimpiadi.
    E il caso Semenya lo si può collegare al caso Rehm.
    Una condizione particolare, che può avere un effetto vantaggioso sulla prestazione. Non certo una scelta questa condizione e per questo motivo, dal punto di vista umano, è difficile e soprattutto spiacevole da regolamentare.

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    1. diversamente forse dovrei diversamente fare un articolo diverso sulla diversamente semenya :)

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  2. Ottime cosiderazioni Corsaro, io penso che ognuno debba stare nella "propria" olimpiade, a prescindere dal fatto che faccia prestazioni migliori di atleti senza problemi. Come in tutte le discipline o quasi si trova il più forte o meglio il più dominante (che facciamo li spostiamo in un altra olimpiade?), anche nelle paraolim. avviene la stessa cosa quindi che vinca e si goda le meritate medaglie li, dove per sua sfortuna, può partecipare. Marco Luc.

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    1. ma c'è il mercato, i media, gli sponsor... pistorius divenne più famoso perfino di bolt. e allora giù soldi a palate...

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    2. Edoardo EastLondoner7 giugno 2016 alle ore 11:15

      Secondo me la conversazione puo' finire con questo commento del Corsaro; scomodiamo scienza, etica, uguaglianza, quando e' tutta una questione di business.

      Il caso Pistorius (sulla corsa, non su vicende tragiche e personali), la Semenya, Rehm, il doping, e tutto il resto, sono motivi per parlare di atletica, renderla piu' simile ad un reality show che ad uno sport. Unico motivo: I reality show portano soldi, lo sport di per se' no, a meno che non sia il calcio.

      In altre parole, in un mondo competitivo, in cui decine di sport si contendono la stessa torta di sponsorizzazioni, avvicinarsi al wrestling "rende" di piu' che ricordare la maratona di Dorando Pietri.

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    3. il caso semenya mi sta proprio sul gargarozzo, è più forte di me.

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    4. Nel caso Pistorius, prima ancora dei media e gli sponsor ha giocato l'aver suscitato nella gente un sentimento molto comune: il parteggiare per l'ultimo o lo svantaggiato che spacca il culo ai forti. Come è successo anche per la squadra allenata da Ranieri. È un sentimento umano che provo anche io. È chiaro però che lo svantaggio non deve avvantaggiare!

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    5. ma se gli ultimi diventano i primi... allora dobbiamo dare loro addosso! ahah!
      cultura cristiana... che se esagera diventa pericolosa.

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  3. Secondo me esiste una deriva agonistica molto "occidentale". Prendiamo le arti marziali. Non sono evidentemente fatte per lo sport (il fine principale è annichilire l'avversario) eppure alcune sono addirittura diventate sport olimpico. Giorni fa in tv ho visto per la prima volta il "ballo sportivo" (il ballo è fondamentalmente un gesto erotico, un amico lo definiva "la frustrazione verticale di un desiderio orizzontale") e ancora non me lo spiego.
    La premessa per dire che alla competizione dovrebbero accedere solo le discipline, e le persone, che possono tendere ad un primato. Immagino che molti considereranno razzista (o "nazista") questa considerazione, ma le gare dei bambini, degli adolescenti, dei master, dei paralimpici, sono una contraddizione ipso facto. Con questo non intendo dire che non dovrebbero gareggiare (lo fanno e continueranno a farlo) ma non credo debbano avere alcun tipo di riconoscimento. Perché un master vuole essere dichiarato "campione di categoria?" Non gli basta allenarsi e superarsi? Qual è la soddisfazione di vincere una gara nella quale il più veloce fa i 100 metri in più di 13 secondi? Non è di gran lunga più prezioso battere i propri limiti, anziché i propri lentissimi simili?
    E ancora peggio per i paralimpici. Ma dico: hai perso una gamba, che tremenda disgrazia. Da dove nasce questo desiderio di protesi supertecnologica per gareggiare? La mia domanda è genuina e rivolta al profondo conoscitore della psiche che è Luc. La mia modesta ipotesi è che si tratti di una sovrastruttura culturale ormai quasi ancestrale, molto diffusa nei paesi sviluppati e giustamente assente nelle altre società.

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    1. "la frustrazione verticale di un desiderio orizzontale" mi ricorda qualcosa...:)
      metti sul piatto questioni filosofiche molto profonde... un liberista ti direbbe che il libero arbitrio individuale è sacro, il mercato detta legge e anzi l'assurdo sarebbe il chiedersi perchè sia così (io non sono liberista).

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    2. in effetti la competizione porta allo sviluppo tecnologico e quindi all'evoluzione dell'umanità. Però è anche vero che l'umanità si è sviluppata più di quella animale, per tutti quei limiti che l'uomo sociale ha posto alla "legge della jungla".

      Per quanto riguarda la corsa è come dici tu, infatti c'è una naturale tendenza ad una partecipazione alle gare limitata nel tempo, dopo alcuni anni, quando non si migliora più e non si ottengono piazzamenti, si tende a smettere o quantomeno a darsi solo ad una corsa per tenersi in forma.

      Zedemel

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    3. "alla competizione dovrebbero accedere solo le discipline, e le persone, che possono tendere ad un primato"...
      quindi nei 100m solo Bolt, Gatlin e pochi altri.
      Però, no, nemmeno loro perchè prima di cominciare a correre non potevano sapere se effettivamente avrebbero potuto ottenere qualche primato. Quindi nessuno.
      E poi, cosa intendi per primato? Il primato è sempre una costruzione dell'uomo perchè sono costruzioni umane le discipline sportive. Teoricamente, i 100m a gattoni potrebbero avere la stessa dignità dei 100m piani.
      No, lo sport è un gioco. E' il "Mettiamoci a fare questa cosa e vediamo chi è più bravo", è un po' anche il "vediamo chi ce l'ha più lungo". E' comunque sempre una sfida relativa, anche ai massimi livelli. Bolt è l'uomo più veloce della Terra? No bhe, diciamo che ha dimostrato di essere il più veloce tra coloro che fanno atletica a livello professionistico e gareggiano nei 100m. Quanti saranno lo 0,00001% della popolazione mondiale?

      Ps. Concordo con il corsaro al 100%

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    4. fondiamo una facoltà di "antropologia dello sport"!
      ahah!
      discorsi complessi ma (per me) interessantissimi, ho sempre amato le "scienze umane".
      premesso che bisognerebbe definire per bene la parola "sport", aggiungo che probabilmente è nato nell'ambito dei rituali religiosi già in società tribali: gli indios, alle feste comandate, giocano a palla e lottano, in modo competitivo e organizzato.

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    5. @Elia: non esiste solo il primato del mondo, eh.
      Il punto è, come dice Luc, che bisognerebbe definire il concetto di sport: contiene in sé l'idea di agonismo? E se sì, verso sé stessi o erga omnes? E mille altre domande...

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    6. Il termine sport è talmente generico che ci si può mettere lo sviluppo di capacità fisiche, aspetti salutistici, confronto agonistico ecc. ecc.
      Come si può dire che alla competizione può accedere solo chi tende ad un primato? Il competere è una cosa talmente naturale. Il confronto sportivo probabilmente è la sublimazione di qualcosa che centra con l'affermazione di se stesso.

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    7. "Come si può dire che alla competizione può accedere solo chi tende ad un primato?"
      E chi l'ha detto?
      ...Con questo non intendo dire che non dovrebbero gareggiare (lo fanno e continueranno a farlo) ma non credo debbano avere alcun tipo di riconoscimento...

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  4. Domanda da uomo della strada da girare al super-scienziato Paolo: Come mai se la protesi non fornisce alcun aiuto non ce n'è uno che sia uno che stacca con la gamba sana ?

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    1. Ovvio: hanno tutti la protesi alla gamba di stacco "originaria".

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  5. Il mondo dell'omologazione. Guai a chiamare le cose con il proprio nome, a vederle in modo difforme. E' un bene per chi è coinvolto in prima persona, in questo caso l'atleta?
    E' un atteggiamento sano quello che vige?

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  6. Secondo me invece è giustissimo ci siano i campionati sia per i portatori di handicap che per i master, i quali sono categorie naturali, specialmente i master. È anche giusto partecipino ai campionati assoluti, specialmente i master, a meno che non ci siano dei vantaggi dall'uso di protesi, questo logicamente vale solo per i portatori di handicap facenti uso di protesi..

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